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Serate a Treville di Castelfranco Veneto

 
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massimo Rispondi citando



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Messaggi: 194
Luogo di residenza: padova

MessaggioInviato: Mer Nov 09, 2011 16:18    Oggetto: Serate a Treville di Castelfranco Veneto
 
segnalo questa interessante rassegna.
imperdibile il primo appuntamento col FORTISSIMO Nicola Bonaiti con cui ho avuto l'onore di condividere (o meglio seguire) la traccia...



Il Gruppo Naturalistico Le tracce Propone LA VOCE DEI MONTI
XXII EDIZIONE DI PROIEZIONE DIAPOSITIVE 2011
Presso "SPAZIO GIRASOLE" A Treville di Castelfranco Veneto
Sala "Le Radici e le ali" - Ingresso libero - Inizio proiezioni ore 20.45


venerdì 11 novembre 2011
"Khan Tengri 2009"
film-documentario di Nicola Bonaiti


venerdì 18 novembre
Pareti del cielo - Passioni, storie e ricordi di una vita libera
conferenza di Franco Miotto


Venerdì 25 novembre 2011
"L'Italia divisa non sapeva di possedere le montagne, l'Italia unita
le scopriva"
conferenza con immagini di Roberto Mantovani


Venerdì 2 dicembre 2011
"L'isola dei giorni perduti"
diapositive di Vittorino Mason & Piera Biliato


Venerdì 9 dicembre 2011
"Fame d'erba: pastori transumanti del Triveneto"
film-documentaio di Valentina De Marchi


La valle è già colma d'ombra che sale insensibile.
Laggiù sono i paesi, le strade, la vita,
ma è come se tutto fosse in fondo al mare.
Nessun suono viene attraverso l'aria che si fa scura.
Le cime dei monti si accendono di color rosso,
di viola nel cielo verde.
Il Cervino è ancora illuminato,
i ghiacciai del Rosa sono incandescenti.
Hanno i colori del rame.
Poi diventano di pallido lilla,
si spengono a poco a poco.
Come dell'ultima brace sul focolare,
non resta di essi che cenere.
Silenziosi sprofondano nel buio della notte.

Amilcare Crétier


***
Dettaglio delle serate:
***

venerdì 11 novembre 2011 ore 20:45
"Khan Tengri 2009 "
film-documentario di Nicola Bonaiti

Nicola Bonaiti è nato a Padova nel 1968 è sempre vissuto a Teolo.
Amante della natura e degli animali (due terranova vivono con lui e la
sua famiglia), è un vegetariano convinto. Iscritto a diverse
associazioni ambientaliste tra cui, Mountain Wilderness, è amante
della musica e della lettura. Dopo aver giocato a rugby fino a 20
anni, tra i 26-27 comincia a intensificare l'attività di scialpinismo
fino a farla diventare la sua passione principale. Le salite più
importanti di questi anni nelle montagne di casa sono: Grand Combin,
Dent d'Hérens, Monte Bianco, Bernina-cresta Biancograt, M Rosa-cresta
Signal. Nel 2001 fa un viaggio in Ecuador e con sua moglie Michela
tenta la salita al Cotopaxi 5.897 m, ma vengono respinti dal brutto
tempo. Nasce la passione per le montagne extra europee e per l'alta
quota. Nel 2005 torna in Ecuador da solo e sale il Cotopaxi e il
Chimborazo 6.310 m. Nel 2006 sale l'Aconcagua 6.962 m; qui conosce
Luca Storoni carabiniere del soccorso alpino di Cortina con il quale
stringe amicizia. Nel 2007 con Luca si aggrega a una spedizione
vicentina diretta al Mc Kinley 6.194 m e raggiunge la vetta. Nel 2009
con Luca e altri amici è in Kazakistan nella catena del Tien Shan a
tentare il Khan Tengri 7.010 m; la spedizione non si è conclusa con la
cima, ma ha portato ancora esperienza e insegnamenti preziosi in vista
di un prossimo vicino tentativo...

L'autore presenterà un film che racconta dell'esperienza fatta durante
la spedizione dell'estate del 2009 in Kazakistan. Un gruppo variegato
di amici/conoscenti che tentano di salire il Khan Tengri 7.010 m, una
delle montagne più alte della catena del Tien Shan, al confine tra
Kazakistan, Kirghigistan e Cina. Il film parla anche di una tappa
importante, dal punto di vista dell'esperienza e della conoscenza, di
un percorso comune all'interno di un ristretto gruppo di amici. Sogni,
aspettative, gioie, dolori, discordie, problemi, rinunce, maschere che
cadono e volti che compaiono per quello che sono. Agli occhi dello
spettatore non verrà negato l'aspetto più umano e le motivazioni di
quell'andare a prendersi rischi per pura vanagloria o forse per
qualcosa che ognuno si tiene stretto dentro sé. La salita si svolge
sul versante nord, lungo l'impegnativa cresta nord-ovest che passa per
la cima del Pik Chapaev 6.130 m. È l'ennesima dimostrazione che in
montagna non si compiono solo prestazioni, ma esperienze anche umane
che non possono prescindere dalle condizioni dell'ambiente grandioso
in cui ci si immerge e ci si perde...

--
venerdì 18 novembre ore 20.45
Pareti del cielo - Passioni, storie e ricordi di una vita libera
conferenza di Franco Miotto

Franco Miotto è nato nel 1932 a Malles Venosta (BZ), seppure abbia
scritto pagine esaltanti dell'alpinismo Dolomitico, Franco Miotto è
sicuramente uno dei grandi alpinisti rimasti per lungo tempo
nell'ombra. Personaggio forte, coraggioso, dinamico e indomabile, dal
carattere combattivo che lo ha portato a far parte del gruppo degli
alpinisti accademici. La storia alpinistica di Franco, nonostante sia
iniziato in tarda età, ha radici molto lontane. Parte dalla passione
per la caccia e in particolare quella al camoscio, che porta il
camorziere ad essere il vero montanaro e padrone della montagna,
praticando cenge vertiginose, ripidissimi pendii, canaloni e dirupi
coperti di lòppe avvalendosi non di mezzi tecnici (corde, chiodi,
ecc.), ma delle sole doti naturali, soprattutto nel valutare le
possibilità dei vari passaggi. Famoso e ricercato assiduamente da
guardie forestali e guardia caccia, grazie alla sua capacità naturale
di affrontare i problemi della vita – sempre con convinta umiltà e non
sottovalutando mai le cose e le persone –, fu per loro l'imprendibile
"Primula Rossa". Aveva dalla sua parte le doti naturali di un fisico
esuberante e mai pago, che, combinandosi con una fervida e "diabolica
scaltrezza", gli permise di non farsi mai prendere in fragrante, unico
in provincia di Belluno. Nel 1978, per sua scelta, mise fine a questa
avventura; decisione quanto mai saggia e che lui stesso rivendica con
orgoglio. A 41 anni, un po' per provocazione, un po' per sfida, inizia
ad arrampicare, inconscio di aver già superato in libera passaggi di
IV e V grado nei dirupi e precipizi della Val de Piero. Da prima
realizza una serie notevole di ripetizioni su grandi vie classiche di
VI grado, poi inizia con incredibili performance tracciando vie su
montagne poco frequentate, dove precedenti cordate si erano cimentate
senza successo. Meritano di essere ricordate: la Direttissima alla
parete Sud-Ovest del Burel (1° ascensione assoluta ed invernale 1500
m, VI grado); lo Spigolo Sud del Burel 1500 m, VI grado; il Pilastro
Sud-Sud Ovest del Pelmo 1500 m, VI grado; la Direttissima parete
Sud-Ovest del Pizzocco 700 m, VI grado; la "Via dei Bellunesi" sulla
Palazza (Monti del Sole), sviluppo 1100 m, VI grado; Direttissima
centrale sul Gruppo Agner-Pale di S. Lucano 550 m, VI grado; via
diretta centrale sulla parete Sud-Ovest della Seconda Pala 1500 m, VI
grado; "Via dei Bellunesi" al Pilastro Sud-Ovest dello Spiz di
Lagunaz 1500 m, VI grado (realizzata a 47 anni!); la Diretta centrale
sulla parete Nord-Est del Col Nudo 800 m, VI grado; direttissima per
il Gran Diedro Nord del Col Nudo 650 m, VI grado in (quarantadue ore
di arrampicata e a cinquanta anni). Oltre a queste va ricordata la
ripetizione invernale della via Italo-Polacca dopo la prima
ripetizione estiva di Messner-Renzler sulla gigantesca parete del
Burel nel gruppo della Schiara. Queste sono solo alcune delle sue
"terribili" e ardite vie realizzate in compagnia di Riccardo Bee o con
Benito Saviane. Il suo, come quello di Armando Aste, è stato un
alpinismo eroico, fatto di tanti, più di 50, affascinati bivacchi in
parete. Lui stesso, fabbro per passione, oltre che ottimo intagliatore
di legno, forgiava i chiodi per le sue ascensioni. Alpinismo di
ricerca, lontano dagli affollati itinerari classici e comodi,
alpinismo sulla "Grande Montagna", magari selvaggia e poco conosciuta,
in perfetta solitudine, nella vera wilderness. Bellissimo e oltremodo
impegnativo il suo percorso alpinistico di tre giorni: il "Viàz dei
Camòrz e Camorzieri" che collega in quota Pala Alta, Cime di Sabioi,
Pala Tissi al Burel e il Coro. Un'intuizione davvero geniale. È
coautore del libro "Sentieri e viàz dei Monti del Sole". Il regista
Luigi Cammarota gli ha dedicato un bellissimo documentario "Il vecchio
e la montagna" e Luisa Mandrino ha scritto la sua biografia "La forza
della natura".

In questa occasione, con parole ed immagini, Franco Miotto ci parlerà
di "Pareti del cielo – Passioni, storie e ricordi di una vita libera"
un libro scritto da lui e pubblicato da Nuovi Sentieri Editore. Un
libro quasi paragonabile ad un'ascensione su roccia per l'alpinista
bellunese Franco Miotto, da sempre abituato a studiare da diverse
angolazioni e prospettive una possibile linea di salita prima di
cimentarsi nell'avventura di una nuova via. Le origini di questo
libro, come spiega lo stesso Uomo dei Viàz in un passaggio del testo,
risalgono all'inizio degli anni Ottanta e possono essere attribuite ad
un'amichevole raccomandazione dello scrittore Piero Rossi: «Il mio
caro amico e maestro mi era stato molto vicino negli anni precedenti,»
racconta Franco Miotto, «e poiché conosceva l'intero mondo
dell'alpinismo con tutte le sue vicende nobili e meschine, egli mi
aveva spiegato ad un certo punto come fosse consigliabile stendere in
forma scritta queste mie memorie con lo scopo di lasciare una
testimonianza autentica e pulita della mia attività di uomo di
montagna alle mie figlie e ad eventuali nipoti». Pareti del cielo
contiene dunque un grande omaggio alle Dolomiti Bellunesi, che nel
corso della sua vita Franco Miotto ha percorso prima da montanaro, poi
nelle vesti di cacciatore, in seguito come alpinista ed infine quale
escursionista estremo sui suoi celebri e vertiginosi viàz. La
"metamorfosi del cacciatore" viene descritta dall'autore in un altro
significativo capoverso: «I primi uomini a salire le cime delle
montagne, fin dai tempi remoti, furono proprio i cacciatori di
camosci. Molte volte questi coraggiosi pionieri andavano soltanto in
cerca di cibo nei periodi più difficili, ma in seguito diventarono
accompagnatori, guide alpine ed infine alpinisti. Non è dunque
corretto pensare che l'alpinismo rappresenti una metamorfosi dell'uomo
di montagna, la sua evoluzione da cacciatore ad alpinista? Io sono
veramente convinto che la storia sia andata in questo modo.» «La
montagna che ho sempre cercato, immerso nella natura più selvaggia e
lontana da rifugi e bivacchi,era la mia prediletta. Negli angoli più
remoti e nella solitudine più profonda, protetto dal mondo degli
uomini e rapito dalla maestosità del suo essere, ho avuto il dono di
poter ammirare i suoi rosei tramonti, la solenne oscurità delle sue
notti a volte stemperate dal pallido chiarore della luna. Guardando le
stelle nel cielo, la solitudine mi induceva spesso a misurare con la
fantasia la distanza apparente tra i diversi corpi celesti, sospesi in
uno spazio e silenzio talmente grandi da incutere timore.»

--
Venerdì 25 novembre 2011 ore 20:45
"L'Italia divisa non sapeva di possedere le montagne, l'Italia unita
le scopriva"
conferenza con immagini di Roberto Mantovani

Roberto Mantovani. Nato e residente a Torre Pellice. Giornalista
professionista e storico dell'alpinismo, ha cominciato ad occuparsi di
montagna da giovanissimo, prima come escursionista, alpinista e
sciatore e successivamente (senza peraltro abbandonare mai l'attività
sul terreno) come studioso. Ha diretto per molti anni la Rivista della
Montagna, un periodico presente sul mercato sin dal 1970, e poi, nelle
ultime stagioni, prima di chiudere la collaborazione con l'editrice
Vivalda, ha preso le redini dei numeri speciali di Alp. Ha lavorato
anche nel settore editoriale. Come autore, ha pubblicato una ventina
di libri per vari editori (Mondadori, De Agostini, White Star, Cda,
Priuli & Verlucca, Eventi & Progetti). Negli anni '80 e '90, ha curato
l'intera sezione alpinistica di ben tre edizioni della grande
enciclopedia La Montagna di De Agostini. Oltre che nei settori
editoriali tradizionali, si è occupato pure di multivision, cinema,
allestimenti mostre, spettacoli teatrali, talk show, festival
cinematografici e, in tempi più recenti, di televisione (da tre anni è
un collaboratore fisso della trasmissione Montagne di Rai 2).

"L'Italia divisa non sapeva di possedere le montagne, l'Italia unita
le scopriva". Questa citazione, tratta dalla commemorazione di
Quintino Sella e apparsa sul Bollettino del Cai nel 1885, a firma
dell'allora presidente Paolo Lioy, mi dà lo spunto per indagare e
cercare di trovare delle risposte sulle tante domande che sono ancora
oggi il perno che regge il Club Alpino Italiano e la storia
dell'alpinismo. Quali sono le radici profonde del nostro modo di
scalare e di frequentare la montagna? Riflessioni e appunti sulla
nascita dell'alpinismo organizzato sulle Alpi, sul progetto di
Quintino Sella, l'abbandono della dimensione del gioco e dello sport
(di matrice britannica) e l'affaccio di istanze scientifiche,
pedagogiche, politiche e risorgimentali nell'andar per monti. Un
lascito che ha permeato pesantemente il mondo delle scalate di casa
nostra in maniera profonda, al punto da costituirne per decenni il
retroterra culturale, almeno fino ai primi anni Settanta del secolo
appena trascorso. Questo incontro sarà una serata diversa dalle
solite, mi permetterà di ragionare in maniera critica sulla filosofia
di fondo che ancora alberga, spesso a nostra insaputa, nei cromosomi
della storia dell'alpinismo. Scopriremo che per lungo tempo
l'alpinismo, che tutti credevano un'attività marginale rispetto ai
grandi temi sociali, al limite un'attività alternativa e contro il
sistema, in realtà è nata come un'attività funzionale alla formazione
delle classi dirigenti della nuova Italia e con un preciso progetto
politico. Solo negli anni ‘70 del ‘900, con il ritorno alla dimensione
ludica, la logica ottocentesca finalmente si infrange. Solo che nel
giro di pochi anni le istanze che si erano affacciate vengono di nuovo
fagocitate dallo sport (leggi gare d'arrampicate et similia).

--
Venerdì 2 dicembre 2011 ore 20:45
"L'isola dei giorni perduti"
diapositive di Vittorino Mason & Piera Biliato

Vittorino Mason risiede e lavora a Castelfranco Veneto dove, oltre a
fare il "seminatore di parole", da molti anni svolge anche l'attività
di promotore culturale. È l'ideatore del ciclo d'incontri La voce dei
monti e del premio dedicato alla montagna Una vetta per la vita.
Coordinatore del Gruppo Naturalistico "Le Tracce", è socio di Mountain
Wilderness, fa parte del GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna)
e scrive per riviste specializzate di montagna. Amante dei viaggi
cerca sempre di unire la passione per la montagna alla conoscenza
delle altre culture e popoli. Molti dei suoi viaggi, orientati spesso
nei paesi considerati "poveri", sono stati anche motivo per portare
aiuti e promuovere progetti di solidarietà. Ogni esperienza è stata
anche occasione per fotografare – sua altra grande passione – e
scrivere libri di viaggio, non solo per descrivere la propria
esperienza, ma soprattutto per documentare e testimoniare i problemi,
la quotidianità e le situazioni, a volte drammatiche, in cui vivono
certi popoli. Dai primi viaggi in bicicletta nei paesi celtici:
Scozia, Irlanda e Bretagna, è passato poi al camminare con lo zaino in
spalla lungo i sentieri di vari paesi europei ed extraeuropei:
Annapurna (Nepal), GR20 (Corsica), Parco del Tricorno (Slovenia), Alto
Atlante (Marocco), traversata degli Alti Tatra (Slovacchia-Polonia),
Torri del Paine e Fitz Roy in Patagonia (Argentina-Cile). In alcuni
casi l'occasione è stata propizia per sperimentare i propri limiti
fisici provando a salire in alto, su cime come il Cotopaxi 5897 m, lo
Stok Kangri 6150 m, il Nevado Pisco 5752 m, il Pequeño Alpamayo 5370 m
e l'Huayna Potosí 6088 m. Ha pubblicato due raccolte di poesie: Carta
straccia e In silenzio, i libri di viaggio Sui sentieri dei portatori
himalayani, Il profumo del tè alla menta, La via dei vulcani e
Camminando sulle montagne viola, un libro di racconti di montagna I
racconti del Mugo e una guida sulle vie normali all'interno del Parco
Nazionale Dolomiti Bellunesi Sulle tracce di pionieri e camosci.
Piera Biliato vive e lavora a Castelfranco Veneto, è stata allieva del
maestro Angelo Gatto da cui ha appreso varie tecniche artistiche tra
cui l'acquerello, l'olio, l'incisione, l'affresco, l'acrilico, la
tempera e la modellazione della creta. Strappa affreschi e vecchie
pitture da case in rovina e poi li restaura. Ha esposto in diverse
collettive e in una anche con Angelo Gatto, Franco Battiato e Giusto
Pio. Nel 1998 ha allestito la sua prima personale Piccoli Transiti al
Centro Culturale di Resana (Treviso), nel 1999 ha esposto a Treviso a
Ca dei Ricchi una personale dal titolo Artisti in Movimento. Disegni
realizzati durante concerti, spettacoli, performance e conferenze di
artisti colti nell'attimo della loro creazione o interpretazione. Tra
gli altri: Andrea Zanzotto, Moni Ovadia, Fosco Maraini, Dacia Maraini,
Mario Brunello, Marco Paolini, Tolo Marton, Giusto Pio, Toquinho,
Ivano Fossati. Nel 2001 espone a Camposanpiero (Padova) Echi di fuoco
sui fogli, disegni fatti durante la sua attività con il gruppo
Yogarmonia di Noale. Operatore Naturalistico del Club Alpino Italiano,
ama viaggiare in su e in lungo. Tra le sue avventure: La Grand
Randonée 20 in Corsica, l'attraversata Slovacchia-Polonia sugli Alti
Tatra, un trekking sull'Hoggar nel Sahara Algerino. Nel 2002 ha
partecipato a una Spedizione in Ecuador scalando l'Illiniza Norte m
5116 e il Cotopaxi m. 5897 e nel 2003 ha salito lo Stok Kangri 6150m
(Ladakh). Fa parte del GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna).
Nel 2004 ha illustrato con 15 disegni il libro I racconti del Mugo di
Vittorino Mason. Suoi ritratti di alpinisti si trovano nel sito
internet di montagna www.intraisass.it.

Una videoconferenza con musica e parole che presenta una terra,
l'Islanda, dove gli elementi toccano gli estremi e si manifestano in
tutta la loro forza, potenza e meraviglia. Dapprima un "viaggio" di 5
giorni tra montagne di muschio e lava lungo uno dei trekking più
famosi: il Landmannalaugar-Þórsmörk (89 Km d'avventura immersi in un
mondo surreale) e poi altre 2 settimane per compiere il giro
dell'isola in senso antiorario in bus, piedi e autostop. Partendo da
Reykjavík, città che conta gran parte dei 320 mila abitanti che vivono
in Islanda, c'inoltreremo lungo il percorso Landmannalaugar-Þórsmörk,
noto anche con il nome di Laugarvegurinn "strada delle sorgenti
calde": un breve, ma bellissimo ed entusiasmante trekking che si
svolge tra fumarole, coni vulcanici, guadi di fiumi e torrenti di
acque turbolenti, superando ponti sospesi e distese innevate a quote
relativamente basse. Allungandolo con una selettiva ed impegnativa
tappa, valicheremo il Passo di Fimmvörðuháls 1116 m che si trova tra i
ghiacciai dei vulcani Eyjafjallajökull (famoso per aver sputato fumo
per gran parte del 2009, impedendo così molti voli) e il
Mýrdalsjökull, giungendo così a Skogar. Poi via, "On the road", con in
bocca il gusto del giorno e in corpo quello dell'avventura. Geyser con
i suoi getti alti tra i 15/30 metri. Visiteremo le due cascate più
famose: Gullfoss e Dettifoss, la cascata con maggior portata d'acqua
d'Europa. Una camminata nel Parco Nazionale di Skaftafell all'interno
della regione che comprende il Vatnajökull: la più grande calotta
glaciale del mondo. La "Laguna del Fiume Glaciale" puntellato da
grandi blocchi di ghiaccio galleggianti. Un giro attorno al ghiacciaio
dello Snæfelsjökull, dove Julius Verne ambientò il suo famoso romanzo
"Viaggio al centro della terra". E finiremo il viaggio nell'isola di
pescatori Heimaey, la più grande delle 16 "Isole degli uomini
d'Occidente" che compongono l'arcipelago Vestmannaeyjar. Pioggia,
neve, vento, passi lasciati tra riolite e bocche fumanti, tra zaffate
di zolfo e solfatare. Un'andare altro in terra altra, tra sorgenti
calde, fumarole, fiori viola, creta, argilla e colori forti al
sottofondo dei Sigur Rós.

--
Venerdì 9 dicembre 2011 ore 20:45
"Fame d'erba: pastori transumanti del Triveneto"
film-documentaio di Valentina De Marchi

Nasce nel 1983 a Feltre (BL). Nel 2005 conduce la ricerca per la tesi
di laurea triennale in Pakistan, vivendo nelle vallate montane delle
Northern Areas e lavorando per conto dell'Ong HOAP (Helping Oppressed
and Powerless) in un progetto a supporto dell'istruzione dei bambini
poveri. Si laurea in Antropologia Culturale ed Etnologia
all'Università di Siena nel settembre 2009, con tesi specialistica dal
titolo: "Fame d'erba. Etnografia dei pastori vaganti del Triveneto",
(relatore P.G. Solinas). Sempre sull'argomento, pubblica articoli su
riviste locali, collabora al libro "Transumanze" di A. Malacarne (ed.
Agorà, Feltre:2009) ed edita la sua prima opera filmica "Fame d'erba",
documentario etnografico presentato al Film Festival di Trento nel
2010. Dal novembre 2009 collabora al progetto "Linking network on
pastoralism and mobile production systems" con il Centro di Bio
Diversità Culturale all'Università di Kent (UK), conducendo
nell'estate del 2010 la prima ricerca sul campo tra i pastori nomadi
del Kyrgyzstan. Attualmente, oltre a impegnarsi per la valorizzazione
e mediazione culturale a favore dei pastori italiani e kyrgyzi, svolge
il ruolo di antropologa nel progetto Interreg di Pianificazione
sostenibile in aree montane (SUSPLAN), area di studio Comelico (BL).

Nel corso della serata l'antropologa ci farà entrare nel misterioso
mondo dei pastori vaganti. Con immagini e racconti ci condurrà in
transumanza con le greggi ovine, sugli alpeggi, nelle campagne in
pianura, lungo i fiumi e per le strade trafficate. Svelerà i segreti
di un mondo che viaggia ancora a piedi, quasi non curante delle auto
che gli sfrecciano a fianco. Illustrerà le tecniche di resistenza di
un antichissimo mestiere, capace di inserirsi negli spazi marginali,
in complementarità con le altre attività umane. E ritrarrà storie di
persone che vivono ancora nella legge della natura, la cui esistenza è
garantita fin tanto che la legge dell'uomo saprà rispettarla. Dopo i
racconti e un'analisi delle problematiche che i transumanti incontrano
oggi, seguirà la proiezione di un film-documentario che restituisce
voce e immagini a questo gruppo professionale molto poco conosciuto.
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